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Una delle tendenze contemporanee del bartending si chiama mixology: si tratta di una tecnica di miscelazione così meticolosa ed esatta da sfiorare addirittura l’alchimia. A differenza delle acrobazie rapide del flair, la mixology sceglie ritmi più lenti e attenti ma non per questo è meno coinvolgente e spettacolare.

Il perfetto mixologist infatti intrattiene il cliente durante la preparazione del drink raccontando il processo di creazione e suggerendo anche il miglior modo di gustare il cocktail. In questo modo tutti i sensi, e non solo il gusto o la vista, sono coinvolti nell’esperienza.

Quando si dice che la mixology è per il mondo del bartending quello che la cucina gourmet è per il mondo del food non si è affatto lontani dal vero. Benché l’arte della miscelazione esatta non sia una vera novità – già gli antichi romani miscelavano il vino a spezie e miele – la mixology come la conosciamo oggi è relativamente recente.

È con la rivoluzione industriale e il perfezionamento delle tecniche di distillazione che la cultura del bere ha iniziato a diffondersi in chiave moderna. Con l’apparizione del celebre libro di Jerry Thomas del 1862, che riuniva ricette e tecniche di preparazione dei cocktail, l’arte della miscelazione è entrata ufficialmente nella storia del bartending.

Il famoso barman di New York era conosciuto anche come “professore” proprio per la sua abilità di miscelazione. A lui si deve anche l’aver ideato alcuni strumenti utilizzati ancora oggi come i metal pour che consentono di dosare il liquore con grande precisione.

Per apprendere l’arte della miscelazione oggi è possibile seguire corsi di mixology che insegnano le tecniche per preparare i perfetti cocktail. Ne fanno parte la tecnica Twist on Classic ma anche quelle di invecchiamento e affumicatura e la preparazione di home made syrup e home made bitters oltre alla creazione di sode aromatizzate.